Chiunque abbia familiarità con le dinamiche dell’innamoramento, e non solo adolescente, capirà subito che l’ostilità dei due ragazzi prelude al sentimento opposto: chiunque tranne i due amorevoli e soi disants attenti genitori, che, oltre a sorprendersi della svolta che prendono le cose, non sanno come arginare la tempesta ormonale dei due ragazzi, e soprattutto non ipotizzano la più normale delle conseguenze di numerosi rapporti intimi in poche settimane: sotto il naso dei genitori, ostentatamente e tassativamente avversi alla relazione ma troppo presi dalla loro per far attenzione ai figli. In realtà Julia e James sono stati sempre molto attenti ai figli, anche troppo. E hanno commesso l’eterno errore di crederli quello che volevano che fossero invece di due «persone» diverse dalle loro legittime aspettative.
Niente di nuovo, se non fosse che davvero Segal riesce a trattare questa materia come se fosse assolutamente originale, e i suoi inquieti personaggi come se fossero la quintessenza della normalità: per tutti, tranne che per se stessi.
L’età ingrata è un romanzo dalle proporzioni perfette. All’esordio, con La cugina americana, l’autrice si era dichiaratamente ispirata a un classico, L’età dell’innocenza, di Edith Wharton. Questa volta la bravissima Segal prende spunto dall’eponimo capolavoro di Henry James, e si cimenta con l’insuperabile Jane Austen, almeno per quanto riguarda l’eleganza della scrittura, la caratterizzazione dei personaggi, anche secondari, e la capacità di trasformare le vicende di una famiglia contemporanea nel quadro di un’epoca. Dimostrando che la sostanza delle dinamiche familiari e amorose non è poi tanto cambiata dal mondo circoscritto della campagna inglese di due secoli fa a quello globalizzato di oggi.
