La scienza si fa pop e la divulgazione scientifica (dalla matematica alla fisica) è protagonista in libreria, tra saggi, romanzi e fumetti. Nell'approfondimento de ilLibraio.it spazio ai libri di autrici e autori come Jim Al-Khalili, Gabriella Greison, Carlo Rovelli, Licia Troisi e molti altri
Da bambini iniziamo riconoscendo le forme, incuneando nella sagoma del rombo, il rombo di plastica, il triangolo o il cerchio. Impariamo i numeri, uno dietro l’altro, in un ordine imprescindibile che non va mai indietro. Solo dopo anni ci viene detto che tra quei numeri, tra quell’uno e quel due, ce ne sono infiniti altri, universi decimali definiti da una semplice virgola. Impariamo che possiamo andare oltre la barriera illusoria dello zero, contare all’indietro aggiungendo un segno.
Spesso però, sulla soglia, quando le strutture appena accennate di quella lingua, hanno gettato le fondamenta dentro di noi, ci fermiamo. Il terreno diventa friabile, ogni passo spaventa e allora torniamo indietro.
La matematica codifica la realtà come la parola, eppure il linguaggio della scienza è spesso spaventoso e oscuro, perché a un certo punto qualcosa si incastra nella nostra comprensione. C’è una storia che ci accompagna, che ci pesa sulle spalle e ci sussurra all’orecchio che quei simboli strani, quei ragionamenti scritti, siano al di là della nostra portata. Non siamo adatti a quei risultati esatti a quella precisione metodica che richiede la fisica o alla consequenzialità delle reazioni chimiche, ma la verità è che la natura umana, la vita stessa è piena di matematica in ogni sua parte.
Sinesio di Cirene (IV-V secolo d.C.), discepolo di Ipazia ( Alessandria d’Egitto, 350/370 – 415), dice della sua maestra che considerava la filosofia uno stile di vita, una costante, religiosa e disciplinata ricerca della verità. Ipazia morì per le sue convinzioni, per le sue ricerche astronomiche, per la sua mente brillante che non sottostava ai limiti imposti, morì per la filosofia e per la scienza, per tenerle insieme come era stato sempre prima di lei.
È forse lei una degli ultimi esempi, prima della distinzione netta che taglia con la lama della religione ciò che era possibile pensare, da ciò che non si poteva mettere in dubbio. Ipazia paga quella libertà che non sarebbe poi più esistita nei secoli successivi; la scienza per la maggior parte diventa la mano sinistra del pensiero, la demoniaca sorella che vuole convertire le leggi di Dio, mettendo il Sole al centro dell’universo conosciuto e allontanando così l’ideale di essere i figli prescelti del Padre.
Ipazia è un po’ noi oggi, è il desiderio di riunire questa dicotomia, di sentirci ancora capaci di parlare del mondo con il linguaggio dei numeri e delle equazioni. È la commozione che proviamo quando vediamo la prima foto di un buco nero, un mostro cosmico che ci spaventa e ci affascina, è la curiosità di una scoperta che rileva la fosfina su Venere e apre scenari nuovi su ciò che sappiamo e ciò che non sappiamo.
È la possibilità di sentirsi capaci di uno sforzo per spingerci verso la comprensione, è la ricerca che fa di noi quello che siamo. Perché sì, possiamo almeno provare a capirla.
Per questo la scienza attraversa un periodo pop, si mostra tramite la penna di autori che vogliono condividere le meravigliose intersezioni tra la vita e la scoperta.
Licia Troisi con il suo ultimo libro divulgativo La sfrontata bellezza del cosmo (Rizzoli), ci annuncia già quel gusto che proviamo infondo alla lingua quando parliamo dell’universo, quel sentimento di impotenza e bellezza che ci spinge verso l’alto e ci travolge, costringendoci al suolo.
“Vorrei che di queste pagine restasse la bellezza infinita del cosmo, lo sforzo titanico che ci induce a cercare di comprenderlo, e il grande mistero che sempre avvolgerà il buio freddo e meraviglioso nel quale si svolge l’ordito delle stelle”.
C’è Ipazia dentro Licia, e un po’ di entrambe in tutti noi. La Scienza è pop perché quel linguaggio che fino a poco tempo fa sembrava appannaggio di pochi, quello sforzo titanico necessario a comprenderlo è di nuovo a portata di mano, è lì e ci aspetta, anche se non pensiamo di esserne in grado.
Negli ultimi decenni la divulgazione scientifica ha contribuito a rendere plausibile questa possibilità. Ha creato degli speroni di roccia con cui scalare la montagna, promettendo che sì, sarà difficile, a volte persino impossibile, ma oltre la vetta lo spettacolo è inimmaginabile: è un buco nero o un batterio, è lo specchio in cui possiamo riconoscere la nostra natura più intima, lo spietato desiderio di comprensione che ci rende unici.
È di esempio la divulgazione di Carlo Rovelli, che con il suo ultimo libro Helgoland (Adelphi), racconta la nascita, su una spoglia isola nel Mare del Nord, della fisica quantistica.
“Ho scritto queste pagine in primo luogo per chi non conosce la fisica quantistica ed è curioso di comprendere, per quanto riusciamo, cosa sia e cosa implichi. Ho cercato di essere più conciso possibile, trascurando ogni dettaglio che non sia essenziale per cogliere il cuore della questione. Ho cercato di essere più chiaro possibile, su una teoria che è al centro dell’oscurità della scienza”, si legge sul Corriere della sera.
Appare di nuovo quella possibilità di appropriarci di una conoscenza, anche se non ne possediamo gli strumenti, di capire, anche se non possiamo oltrepassare da scienziati quella soglia, anche se devono tenerci la mano.
E a proposito di questa branca della scienza, nel suo nuovo libro, Il mondo secondo la fisica (Bollati Boringhieri), Jim Al-Khalili, divulgatore e autore di opere di successo, espone l’intera concezione del mondo secondo la fisica attuale (su ilLibraio.it la prefazione).
La scienza è pop perché il suo movimento nella realtà di oggi è cambiato, non è più verso l’alto solo per pochi, si diffonde orizzontalmente, dando la possibilità a tutti di raggiungere le stelle.
Hawking è una graphic novel di Ottaviani e Myrick, pubblicata da Bao Publishing, che fotografa con attenzione questo nuovo sentimento comunicativo. I disegni sono semplici, veloci, le vignette racchiudono la personalità di uno scienziato diventato un’icona di questa stessa possibilità. Stephen Hawking è l’immagine di un movimento, un uomo che per inseguire la sua passione ha superato gli ostacoli e le difficoltà, un uomo che dalla sua sedia, senza più voce ha dato voce al cosmo.
Si diffonde orizzontalmente anche la divulgazione di Gabriella Greison, fisica, conduttrice radiofonica, giornalista, drammaturga e attrice, polimorfa e sempre pronta al cambiamento. Tramite i suoi libri, scava nella narrazione e nella scienza, adattandosi a forme diverse come nel caso de L’incredibile cena dei fisici quantistici, (Salani) da cui ha tratto il Monologo quantistico, diventato poi uno spettacolo teatrale. Scava nel passato nel suo saggio Sei donne che hanno cambiato il mondo (Bollati Boringhieri) e parla di “sei stelle luminose nel buio del secolo breve. La loro luce si è spenta, com’è destino tra gli esseri umani. Ma la loro traccia è indelebile, lungo il cammino del progresso, non solo scientifico, dell’umanità”.
Perché da quelle immagini, da quelle figure, possiamo capire la difficoltà, lo sforzo, ma anche la bellezza insita nella possibilità che fa di oggi un momento storico migliore.
Tra le pubblicazioni dell’autrice (ora in libreria per Mondadori con Ucciderò il gatto di Schrodinger) anche Einstein Forever (Bollati Boringhieri), La leggendaria storia di Heisenberg e dei fisici di Farm Hall, Einstein e io, Hotel Copenaghen e Storie e vite di superdonne che hanno fatto la scienza (tutti editi da Salani).
La scienza è pop perché deve esserlo, perché è di tutti, è del nostro futuro, del nostro presente e anche del nostro passato. Ci racconta chi siamo stati, chi siamo e chi saremo.
I bottoni di Napoleone scritto da Penny Le Couteur e Jay Burreson (TEA, traduzione di Libero Sosio) è stato uno dei successi editoriali degli anni duemila nel campo della divulgazione, perché ha riscritto gli eventi con lo sguardo degli scienziati. Ci ha dato la possibilità di capire come diciassette molecole avessero silenziosamente definito un pezzetto di storia del mondo. Ci ha detto infine, che se apriamo gli occhi, se non ci rifiutiamo di vedere, di studiare quelle molecole e quelle reazioni, quella lingua con cui parla il mondo è lì e aspetta solo di essere indagata.
Fonte: www.illibraio.it