Anteprima del romanzo Ai margini del sogno

di Redazione | 13.01.2021

Domani uscirà nelle librerie il romanzo d’esordio in Italia di Adam Foulds, autore nominato da Granta tra i Best of Young British Novelists nel 2013.Qui pubblichiamo in anteprima un estratto del suo romanzo, che indaga un argomento davvero attuale, la fascinazione della celebrità, attraverso qualsiasi mezzo. Vi aspettiamo domani in libreria.Cliccate sul titolo del libro […]


Domani uscirà nelle librerie il romanzo d’esordio in Italia di Adam Foulds, autore nominato da Granta tra i Best of Young British Novelists nel 2013.
Qui pubblichiamo in anteprima un estratto del suo romanzo, che indaga un argomento davvero attuale, la fascinazione della celebrità, attraverso qualsiasi mezzo.

Vi aspettiamo domani in libreria.
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Ai margini del sogno

Adam Foulds, Ai margini del sogno



© 2021 Bollati Boringhieri editore
Traduzione di Mariagiulia Castagnone

La fame stava diventando sempre più opprimente.
Tre giorni in preda a un senso di vuoto insopportabile, a vampate di calore e improvvise aritmie nella parte sinistra del corpo.
I piccoli pasti che si concedeva la sera rappresentavano un sollievo: ciotole monacali di riso e verdure verdi che gli procuravano reazioni intense, i sensi solleticati dal vapore che si levava dal piatto, dal calore e dall’aroma. E poi la sensazione appagante di essersi nutrito, che gli permetteva di addormentarsi.
Il mattino aveva di nuovo fame.
Ma la cosa funzionava. Valeva la pena di impegnarsi. Stava diventando quello che doveva essere per convincere García il quale, finalmente, era arrivato a Londra per incontrarlo.
Ma quel giorno sarebbe stato un errore digiunare. Aveva bisogno di energia.
Andò in cucina e mangiò una banana e due abbondanti manciate di noci, sufficienti per rilassarsi e sentirsi bene, ma non per offuscare la sua lucidità. Mentre mangiava, prese a canticchiare tra sé. Poi si vestì.
Si passò le mani sull’addome liscio. Aveva un corpo compatto. I calzoni si appoggiavano ai fianchi. Scelse una camicia di lino color cachi con le tasche abbottonate che secondo lui era perfetta per l’occasione: seria, adattabile, con una connotazione militare e un accenno al deserto.
Henry si guardò allo specchio per vedere come stava. La sua faccia era qualcosa con cui tutti, lui compreso, dovevano fare i conti, per assimilarla e passare oltre.
Quando Henry si guardava in viso, aveva spesso l’impressione di essere arrivato tardi a un evento che era già successo. Perché la sua faccia era perfettamente rifinita, autorevole. Come se i suoi lineamenti, la sua simmetria, avessero già ricevuto una sorta di approvazione.
Henry aveva l’aspetto che deve avere un uomo.
La sua bellezza poteva essere un trauma, sia per lui sia per gli altri che dovevano elaborare il fatto di riconoscerlo, la sensazione di un’intimità ingiustificata e inspiegabile.
A volte Henry pensava che sarebbe stato piacevole, rassicurante, rilassante e semplicemente umano essere bruttino, con un viso pieno di personalità, le borse sotto gli occhi o una bocca larga e molliccia, un viso sofferente e spiritoso come quello di un attore caratterista.
La bellezza dei suoi lineamenti era priva di significato, così pensava, convenzionale, televisiva.

In un certo senso la fame la migliorava; la sua mascolinità tranquilla si era fatta più tormentata, segnata da ombre.
Da tempo pensava che i volti adatti al cinema non dovessero essere particolarmente attraenti, o comunque non in modo consueto. Non appartenevano alla tipologia di quelli che si vedevano in televisione la domenica sera, o sui cataloghi di abbigliamento o in altre situazioni dove prevalevano ideali convenzionali.
Ovviamente si riferiva agli attori che avevano un viso veramente adatto al cinema. Bastava guardare Joaquin Phoenix con il suo sguardo corrucciato e la bocca segnata da una cicatrice o il naso lungo e stretto e le labbra sottili di Meryl Streep, i suoi occhi grandi e la vulnerabilità quasi oltraggiosa. E non solo loro, a pensarci: anche Christopher Walken, Jack Nicholson, Humphrey Bogart, Dustin Hoffman e Daniel Day-Lewis.
Certo, le attrici tendevano a essere belle in modo più esplicito, fin troppo a volte. Bastava pensare al vasto paesaggio offerto dal sorriso di Julia Roberts, un tipico paesaggio americano, sincero, espansivo, pieno di speranza.
No, fino a questo momento il viso di Henry era rientrato in quella categoria rassicurante che aveva successo in televisione. Gli mancavano l’originalità e la durezza che funzionavano al cinema.
Ma forse ora, con l’età, con il digiuno, le cose stavano cambiando.
Si guardò allo specchio. Disse, «Ba-ba-ba-ba-ba-ba. Pa-pa-pa-pa-pa. Pronto, pronto, pronto. Come stai oggi? Bene, signore. Come stai oggi?» Controllò il telefono per vedere se il taxi era arrivato. No, non c’era ancora. Uscì sul balcone per fumare una sigaretta, schermando con la mano la fiamma dell’accendino per proteggerla dalla brezza che si levava dal fiume. Udì un fruscio: un cormorano volava rapido sopra il pelo dell’acqua. Doveva ripassare il testo. Buttò via la sigaretta e rientrò. Prese le pagine e le guardò, cercando di ricordare. Si alzò e si abbassò sulla punta dei piedi, agitando le braccia. «Ba-ba-ba-ba-ba» disse. «Pa-pa-pa-pa-pa.

Non puoi entrare quando vuoi. Non puoi, ti ho detto». Squillò il telefono. Era arrivato il taxi. Secondo il messaggio che aveva ricevuto, l’autista si chiamava Omar. Henry aveva prenotato un’auto perché voleva spostarsi con tranquillità tra casa sua e Soho, aveva bisogno di qualche istante di calma per prepararsi. Il viaggio in bicicletta sarebbe stato troppo lungo, faticoso, l’avrebbe fatto sudare, e, quanto ai mezzi pubblici, non se ne serviva quasi mai. Non si sapeva quello che poteva succedere. Mise le pagine in cartella. Si fermò al centro della stanza per esercitarsi in un’espressione di saluto, un omaggio amichevole e rilassato. Si interruppe di colpo, si alzò e si abbassò di nuovo sulle punte dei piedi e si avviò verso la porta. Se la chiuse alle spalle e subito rimpianse il senso di sicurezza che gli dava il suo appartamento. L’avrebbe ritrovato, pronto ad accoglierlo e a nasconderlo di nuovo, comunque fosse andata la giornata.