come uno scacco etico della vita sessuale. Nelle sue varie forme (esibizioniste, voyeuriste, masochiste, sadiche, feticiste, pedofile...), la perversione segna infatti un mancato rapporto con l’altro come soggetto di desiderio e di piacere. Gli atti perversi, di qualsiasi tipo, vanno intesi come una riedizione metaforica di un trauma sessuale, in cui il soggetto (per lo più da bambino) ha sofferto l’esperienza amara dell’esclusione e della gelosia. Su questa falsariga, la forma di vita perversa può essere superata rinunciando proprio a rivivere il trauma.
Benvenuto articola questa sua ipotesi eterodossa commentando casi clinici tratti dalla pratica analitica, ma anche film, episodi storici, esperimenti di psicologia sociale (come quello celebre di Stanley Milgram), romanzi (dal marchese de Sade a Tanizaki) e opere filosofiche.