4 libri Bollati Boringhieri per l’8 marzo 2021

di Redazione | 08.03.2021

Per celebrare oggi la Giornata internazionale della donna abbiamo scelto una selezione di nostri titoli, che evidenziano quanta strada abbiamo fatto per la conquista della parità di genere, e quanta ancora dobbiamo farne.Lo abbiamo fatto a modo nostro, dando voce a tutte quelle donne che hanno lottato per farsi strada in campi di applicazione tradizionalmente […]


Per celebrare oggi la Giornata internazionale della donna abbiamo scelto una selezione di nostri titoli, che evidenziano quanta strada abbiamo fatto per la conquista della parità di genere, e quanta ancora dobbiamo farne.Lo abbiamo fatto a modo nostro, dando voce a tutte quelle donne che hanno lottato per farsi strada in campi di applicazione tradizionalmente riservati agli uomini, oppure a donne che lottano ancora contro pregiudizi atavici.

 

Troppo belle per il Nobel



Le donne menzionate nella storia della scienza, interamente scritta da uomini, si contano sulle dita di due mani. Nel tentativo di far emergere la componente femminile della scienza, Nicolas Witkowski ha incontrato non poche difficoltà. Dalla donna di Cro-Magnon a Dian Fossey, passando per Emile du Chatelet e Ada Lovelace, Lise Meitner e Rosalind Franklin, le eroine qui descritte rappresentano l’ignota onnipresenza delle donne nel cuore della scienza, a dispetto del mito sessista che le vuole geneticamente incapaci di rigore logico e di astrazione. Senza essere un pamphlet femminista, ma nemmeno una paternalistica valutazione sull’apporto scientifico delle donne, questo libro lascia finalmente spazio a quelle voci che non hanno ricevuto prima il giusto riconoscimento per i loro meriti.

 

Sei donne che hanno cambiato il mondo


I sei brevi romanzi in cui perdersi in questo libro sono quelli di Marie Curie (1867-1934), Lise Meitner (1878-1968), Emmy Noether (1882-1935), Rosalind Franklin (1920-1958), Hedy Lamarr (1914-2000) e Mileva Marić (1875-1948). Per molti saranno nomi sconosciuti, eppure queste sei donne sono state delle pioniere. Sono nate tutte nell’arco di cinquant’anni e hanno operato negli anni cruciali e ruggenti del Novecento, che sono stati anni di guerre terribili, ma anche di avanzamenti scientifici epocali.
Le sei eroine raccontate da Gabriella Greison non sono certo le sole donne della scienza, ma sono quelle che forse hanno aperto la strada alle altre, con la loro volontà, la loro abilità, il talento e la protervia, in un mondo apertamente ostile, fatto di soli uomini. Sono quelle che hanno dato alla scienza e a tutti noi i risultati eclatanti delle loro ricerche e insieme la consapevolezza che era possibile – era necessario – dare accesso alle donne all’impresa scientifica. Non averlo fatto per così tanto tempo è un delitto che è stato pagato a caro prezzo dalla società umana.

 

Stai zitta e va’ in cucina


A casa sono le regine indiscusse, fuori le suddite sottomesse. Viste dalla politica, le donne italiane devono essere così. «La moglie fa la moglie e basta», deve essere «remissiva», ha molti doveri, pochi diritti e «specifiche attitudini». Se la donna è emancipata diventa subito di «facili costumi», se è bella «è per questo che fa carriera», se è brillante non può che essere «abilmente manovrata». Stai zitta e va’ in cucina è la storia degli insulti, delle discriminazioni e dei pregiudizi politici nei confronti delle donne. Ed è una storia a cui prendono parte quasi tutti: i padri costituenti e Beppe Grillo, il Pci e Silvio Berlusconi, la Dc e i partiti laici, i piccoli movimenti e le grandi coalizioni. Da questo punto di vista, la politica italiana si mostra singolarmente unanime. Nell’Italia repubblicana la crociata sessista arruola tutti: premier, segretari di partito, ministri, capi di Stato, giù giù fino all’ultimo portaborse sconosciuto. Dopo il suffragio universale, «concesso» nel ’45, il maschilismo italico si fa sentire già con la stesura della Costituzione, per proseguire fino ai giorni nostri, tra appelli, citazioni sofisticate e insulti da bettola. Dalla battaglia sul divorzio alle norme contro la violenza sessuale, dall’accesso alla magistratura al dibattito sulle quote rosa, questo libro è un succinto racconto storico – incredibilmente attuale –, per capire come si è diffusa e perpetrata la misoginia politica in uno dei Paesi più maschilisti d’Europa.

 

Pentirsi di essere madri

«Ti pentirai di non avere avuto figli! Ricorda, te ne pentirai!». Questa profezia di sventura accompagna le donne che hanno deciso di non diventare madri. Benché la tecnica moderna permetta da tempo alle donne di scegliere più che mai liberamente se avere figli o meno, l’effettiva scelta di non averli determina ancora una forte stigmatizzazione sociale e una severa colpevolizzazione: «Te ne pentirai!». Tanto che non è neppure pensabile che si dia il contrario, ovvero che una madre si penta di aver avuto dei figli. La sacralizzazione della maternità, anche nelle società avanzate come le nostre, non ammette neppure questa possibilità; manca persino il linguaggio per esprimere questo pentimento, che a molti pare un’aberrazione, una cosa impossibile o, addirittura, immorale.
Orna Donath, la giovane sociologa israeliana autrice di questo libro, lei stessa non-madre, ha deciso di infrangere questo tabù e dare voce a un sentimento che è più diffuso di quanto si pensi. Con un’indagine sociologica basata sulle interviste di ventitré donne, descrive l’universo del pentimento materno, che non va confuso in nessun modo con l’amore per i propri figli. Proprio il contrario; in tutte le interviste il pentimento e l’amore materno sono due sentimenti fortemente distinti.
Il fatto è che la società si attende a tal punto che le donne diventino madri che molte si lasciano condurre verso questo esito senza soffermarsi a pensare veramente cosa desiderano per se stesse.