In ventisei saggi, intimi, brillanti e divertenti, Messud riflette sugli anni dell’infanzia in Connecticut e il trasferimento in Australia ancora bambina; sul rapporto complesso tra la madre canadese e l’ostinata zia cattolica francese; sul viaggio a Beirut, dove un tempo aveva vissuto suo padre, un pied-noir. Messud medita sui classici contemporanei, da Kazuo Ishiguro a Teju Cole, da Rachel Cusk a Valeria Luiselli; esamina diversi aspetti di Albert Camus e Lo straniero; rivisita le sue opere d’arte preferite al Museum of Fine Arts di Boston. Nel saggio omonimo del titolo, esplora la sua urgenza per la scrittura – convinta com’è della magia insita nella condivisione del linguaggio – e il potere catartico di una sola frase riuscita.
Nell’insieme, questi saggi mostrano il lavorio interiore di una mente letteraria sorprendente. E nel creare il vivido ritratto di una vita vissuta nella celebrazione della parola scritta, Messud, autrice amatissima da una folta schiera di lettori, si dimostra ancora una volta una narratrice magistrale.