A oriente del giardino dell’Eden
Traduzione di Marina Morpurgo
Mattes Ritter è un venditore ambulante che percorre dal lunedì al venerdì le campagne della Polonia barattando cianfrusaglie con cibo, pelli e qualche spicciolo. Per poi tornare al suo villaggio, alla sua capanna e alla sua famiglia per lo Shabbat. La capanna pullula di bambine accettate solo per rispetto alla volontà divina, e di poco altro. La moglie, Sarah, è stremata dalle gravidanze e dalle fatiche domestiche. Non ci si stupisce quindi che nella nascita di un figlio maschio, Nachman, Mattes riponga le speranze di una vita, deciso a fare del piccolo un dotto e stimato rabbino. Quando però Nachman viene sedotto da Hannah, e dalla sirena non meno potente del credo socialista, le speranze di Mattes cominciano a svanire. Ancora di più quando la bella, intelligente e avventurosa figlia Sheindel, che lavora come domestica a Varsavia, rimane incinta di un soldato russo, costringendo tutta la famiglia a trasferirsi nella grande città. Dove l’altra figlia, Reisel, incontra un destino ancora peggiore. A Mattes, chiamato a combattere nella Prima guerra mondiale, resta solo un desiderio, che si porta dietro scritto su un pezzetto di carta: alla morte, venire sepolto come un ebreo. Ma anche questa speranza finirà in una fossa comune. Nachman, diventato un agitatore socialista, finirà nelle prigioni polacche, e poi, rilasciato, inseguirà il suo sogno in terra sovietica, accolto a braccia aperte solo del Commissariato del Popolo per gli Affari Interni. Di nuovo arrestato e poi rilasciato con l’aiuto di Daniel, un leader socialista polacco, verrà alla fine espulso dal paradiso sovietico e si troverà a vagare nella terra di nessuno tra il confine russo e quello polacco. Autore di quel bellissimo affresco, indimenticabile per ampiezza di visione e intenti, che è I fratelli Ashkenazi, Israel J. Singer offre di nuovo il quadro di una comunità perseguitata, calpestata, ma animata da un fuoco segreto, da un fervore che motiva le azioni di ogni personaggio. Dimostrando ancora una volta una straordinaria conoscenza degli abissi della povertà, e del modo di pensare e agire di uomini prigionieri dei livelli più bassi della comunità ebraica polacca. Implicito nel racconto è il giudizio su chi permette a queste disuguaglianze e ingiustizie di esistere, in modo particolare degli ebrei prosperosi che vivono nello stesso villaggio della poverissima famiglia di Mattes.