Sulle tracce dei dinosauri
Esplorazioni di un mondo perduto
A giudicare dall’interesse che continuano a suscitare in un pubblico vastissimo, i dinosauri si direbbero i più vispi tra gli animali estinti. Non a caso gli stessi ricercatori hanno definito «rinascita dei dinosauri» la fiammata di curiosità che negli ultimi decenni ha accolto, ben al di là dell’ambito scientifico di pertinenza, le risultanze di vaste esplorazioni di siti nei diversi continenti, sollecitando anche le avventure di semplici appassionati e dilettanti. Il modo migliore di entrare in contatto con le molte specie appartenenti alla sottoclasse dei vertebrati chiamata Dinosauria è infatti seguirne le tracce lasciate sulle rocce sedimentarie tra 230 e 65 milioni di anni fa. Forse più dei reperti ossei – testimonianze ovviamente posteriori alla morte –, sono infatti le impronte fossili degli animali vivi a fornirci informazioni preziose su un mondo altrimenti perduto. A lungo giudicate sottoprodotti dell’indagine naturalistica, ma ormai integrate nel filone principale delle scienze della terra attraverso la versatile disciplina che le studia – l’icnologia –, le orme hanno conservato l’immediatezza dei passaggi da cui sono state prodotte. Se le si sa interrogare come il grandissimo paleontologo Martin Lockley, ci fanno conoscere la postura, l’andatura, la velocità, le dimensioni, la demografia, il comportamento individuale e sociale, la nidificazione, i cambiamenti evolutivi dei dinosauri, e ci consentono di ricostruirne l’habitat. In questo saggio, che associa al rigore dell’esposizione il magnetismo di un giallo preistorico risolto sul campo, Lockley include anche una guida pratica al riconoscimento delle impronte e illustra quanto ci rivelano sulla paleobiologia, la paleogeografia e il paleoclima. Gli strati geologici che le contengono «sono preziosi arazzi della vita dei tempi antichi, pagine piene di indizi e racconti dell’attività di un tempo ormai finito».