Burckhardt ed Erwin Panofsky, il virtuosismo della prosa d’arte di Emilio Cecchi e l’inventività multanime e irraggiungibile di Roberto Longhi. L’analisi del cuore del discorso critico - descrizione – non lascia fuori nulla: l’incremento dell’aggettivazione, la presenza di tecnicismi e di sinestesie, il senso dell’accumulazione e dell’elencazione e la pervasività delle figure di somiglianza come l’analogia.
Si può spiegare a parole un quadro, una statua, un monumento architettonico? Che tipo di torsione imprime ad essi sulla pagina la soggettività del critico? In che modo la scrittura gareggia con la cosa descritta? Ne è l’equivalenza immaginativa? A quali procedure retoriche e risorse stilistiche attinge la descrizione di un’opera d’arte e che cosa la distingue dalla descrizione letteraria di un paesaggio? Tutti interrogativi a cui sono state date risposte diverse da filosofi, storici dell’arte, estetologi e critici, dalla postulazione di ineffabilità di Ludwig Wittgenstein, secondo cui «in arte è difficile dire qualcosa che sia altrettanto buono del non dire niente», alla negazione della possibilità stessa di una visione impregiudicata da parte di Heinrich Wölfflin («Non si può descrivere la forma senza farvi già confluire giudizi qualitativi») al sospetto di Gianfranco Contini «che critica figurativa e critica letteraria non siano che applicazioni di una legislazione comune». Mengaldo entra nel vivo della questione attraverso una fittissima campionatura di critici figurativi degli ultimi tre secoli, convocando il geniale e conversevole dilettantismo di Denis Diderot e la grande storia dell’arte di Jacob
Burckhardt ed Erwin Panofsky, il virtuosismo della prosa d’arte di Emilio Cecchi e l’inventività multanime e irraggiungibile di Roberto Longhi. L’analisi del cuore del discorso critico - descrizione – non lascia fuori nulla: l’incremento dell’aggettivazione, la presenza di tecnicismi e di sinestesie, il senso dell’accumulazione e dell’elencazione e la pervasività delle figure di somiglianza come l’analogia.
Burckhardt ed Erwin Panofsky, il virtuosismo della prosa d’arte di Emilio Cecchi e l’inventività multanime e irraggiungibile di Roberto Longhi. L’analisi del cuore del discorso critico - descrizione – non lascia fuori nulla: l’incremento dell’aggettivazione, la presenza di tecnicismi e di sinestesie, il senso dell’accumulazione e dell’elencazione e la pervasività delle figure di somiglianza come l’analogia.