Metà prigioniero, metà alato
La dissociazione corpo-mente in psicoanalisi
Le teorie psicoanalitiche, focalizzate sull’interpretazione dei conflitti sessuali, dei significati inconsci o delle dinamiche intersoggettive, hanno sempre manifestato un interesse rapsodico per la relazione corpo-mente. Riccardo Lombardi percorre quindi strade poco transitate, esplorando da più di trent'anni con la competenza del clinico e la passione dello studioso una condizione umana polarizzata tra i limiti corporei (la parte «prigioniera») e la mobilità psichica (la parte «alata»). Il suo terreno elettivo è il protomentale e il protoemozionale, ossia la dimensione presimbolica dove avvengono i processi psicosensoriali primari, e dove la scomparsa del corpo dall’orizzonte di osservabilità della mente determina disarmonie – lo si vede degli adolescenti – o vere e proprie dissociazioni, come accade nelle patologie psicotiche. Quando corpo e mente risultano reciprocamente irraggiungibili e viene compromesso il travaglio trasformativo delle emozioni in pensiero, con conseguente paralisi dell’elaborazione simbolica, per l’analista si rende necessario innanzitutto recuperare la corporeità assente. Può farlo soltanto se favorisce un doppio transfert all’interno della diade analitica: sul corpo dell'analizzando e su se stesso. Si trova quindi ad affrontare un controtransfert somatico che acuisce in lui una reattività diffusa, per cui il suo corpo diventa una sorta di «membrana timpanica con finalità riceventi» o un «pentagramma psicosensoriale». Nei numerosi casi clinici qui riportati questo orientamento ha ottenuto importanti risultati terapeutici. Spostare l’angolo prospettico tradizionale, limitando il potere interpretativo e metaforizzante della psicoanalisi, ha permesso di restituire a molti pazienti difficili la fondamentale competenza sul proprio corpo e sulla propria vita.
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