A distanza di oltre sessant’anni, il pensiero che vi si esprime è ancora sonante. Oltranza, paradosso ed enigmaticità non nascono solo dagli incroci disciplinari, allora inusitati, tra sociologia, antropologia, filosofia e teoria politica, ma sono la cifra stessa di una riflessione inclassificabile che ci interpella con immutata radicalità, chiamandoci a decifrare il suo sillabario concettuale costruito su ordine, segreto, vertigine, sacro. Nel momento della mattanza, dell’antagonismo frontale e mortale tra democrazia e nazifascismo, Caillois non distoglie lo sguardo dalle debolezze e dai luoghi comuni della prima, e ne sottopone i princìpi a critica radente. Ai suoi occhi fascismo nazionalistico e democrazia universalistica sono in un certo senso accomunabili, al punto che uno si riduce a una «variante patologica» dell’altra.
Il vero scarto da entrambi, dai loro difetti e dalla loro distruttività, sarebbe costituito da un regime di «gerarchia degli esseri» fondato sull’eccellenza spirituale e le virtù individuali. È l’ideale «aristocratico» di una comunità di eletti in grado di instaurare un ordine insieme più universale della democrazia e più antiugualitario dei fascismi, e capace di un’ultima, spiazzante mossa utopica: l'identificazione possibile con il comunismo