È un romanzo raccontato «per sottrazione», che attraverso i ricordi di una protagonista prima bambina, poi adolescente, poi donna, illuminano passaggi politici storici insieme a vicende personali e familiari.
L’autrice intreccia presente e passato: se stessa bambina con una madre misteriosamente reticente sull’assenza prolungata e inspiegabile del padre; se stessa giovane donna decisa a diventare autrice di documentari, intervistando gente per la strada, ma non i venditori ambulanti, già allora conscia, come tanti, del pericolo che rappresentano; se stessa scrittrice che riesplora il suo passato dopo la caduta di Mubarak e si pone domande sui silenzi che hanno segnato e formato la sua esistenza.
Le sparizioni – prima di tutte quella del padre della protagonista – riempiono lo sfondo, insieme ai soprusi, all’antisemitismo, all’anticomunismo. E ci sono altre sparizioni, emblematiche, di edifici, di parchi, di passeggiate a mare, di esercizi pubblici… e anche corpi senza vita con il numero di telefono scritto sul braccio, come se gli uccisi avessero saputo di dover essere identificati dopo gli scontri del 2011.
Non ci sono illusioni, nel romanzo, né speranze, ma c’è una nostalgia diffusa, che non è solo quella dei riti d’infanzia, o delle presenze familiari e amicali finite in prigione o all’estero. È un vivissimo quadro del Cairo passato e presente: vedute, suoni, odori, sapori e i cambiamenti della città, che rispecchiano quelli della coscienza e del linguaggio della protagonista: nuove emozioni, nuovi desideri, nuove ambizioni, e nuova consapevolezza del potere della repressione occulta o palese.